JUDO E SOCIETÁ 5
Siamo giunti al quinto appuntamento della rubrica del mercoledi’ sera “JUDO E SOCIETÁ” curata dal prof. Giuseppe Tribuzio, sociologo dell’Educazione. Argomento di quest’oggi e’: L’ABITO FA TANTO, E SI VEDE. Voi che cosa ne pensate? L’ABITO FA TANTO, E SI VEDE. Quando si inizia a praticare Judo tutti si imbattono nel primo momento critico: la […]
Siamo giunti al quinto appuntamento della rubrica del mercoledi’ sera “JUDO E SOCIETÁ” curata dal prof. Giuseppe Tribuzio, sociologo dell’Educazione. Argomento di quest’oggi e’: L’ABITO FA TANTO, E SI VEDE. Voi che cosa ne pensate?
L’ABITO FA TANTO, E SI VEDE.
Quando si inizia a praticare Judo tutti si imbattono nel primo momento critico: la vestizione. Indossare per la prima volta il judogi ci fa sentire strani, impacciati, ma anche un po’ euforici. Assumiamo una nuova identità. Apparteniamo finalmente a questa nuova e grande famiglia che se andrà tutto bene ci accompagnerà per moltissimi anni.
Vestire l’abito è sempre stato un momento particolare, un rito per certi versi, ancora in uso negli ambiti religiosi o anche militari o sanitari. L’abito, la divisa, il camice bianco, rappresentano qualcosa che chiunque può riconoscere e capire subito con chi ha a che fare.
Si dice con convinzione che “l’abito non fa il monaco”, come anche che “la barba non fa il filosofo”, ma l’abito induce chi lo indossa a comportamenti consoni a quel ruolo. Un agente in divisa deve comportarsi solo nel modo che quel ruolo gli chiede e non altro. Un medico, un infermiere non possono non avere una certa relazione con i pazienti.
E chi veste il judogi che comportamento deve avere? Che significato ha questo indumento?
Il judogi possiamo dire che è la mentedel judoka. L’abito che si indossa non è solo l’abito che ci copre e che ci consente di praticare il Judo, esso rappresenta una mente pura, la mente del principiante, libera da ogni pregiudizio e sempre pronta ad apprendere. Il suo colore bianco ci accomuna e deve essere privo di ogni segno identificativo che possa dividerci dagli altri. Come il colore dei petali del fiore di ciliegio, rappresenta l’invito al dialogo, è la pagina sulla quale è possibile scrivere e lasciare traccia del proprio pensiero. Il judogi, se ancora resterà bianco nel tempo, vorrà dire ancora qualcosa di intrinseco inerente alla pratica del Judo. Come ogni abito che ci espone agli altri il judogi non solo va indossato con dignità, ma va tenuto in perfetto ordine.
Quando si indossa il Judogi, ogni gesto, ogni comportamento implica il comportamento di tutti coloro che appartengono a questa grande comunità. Tutti devono sentirsi responsabili di ciò che dicono e ciò che fanno, per non portare discredito all’ideale di Kano.
Ma la prima cosa che inizia a complicare la vita del principiante di Judo, dal primo giorno, è la cintura e il suo modo di essere annodata.
Cosa rappresenta questo mitico ausilio,nato per mantenere avvolta la giacca intorno al tronco?
Perché ha assunto un valore simbolico particolare?
La cintura possiamo dire che rappresenta la volontà del judoka.
L’unica distinzione consentita tra i praticanti di Judo è quella della cintura. Annodata intorno alla vita, con il suo colore denota il livello di apprendimento raggiunto. Il colore della cintura dice chi siamo nella famiglia del Judo. Pertanto il suo tingersi di un colore sempre più intenso, dal bianco al nero, rappresenta la forza di volontà che ognuno deve coltivare per poter raggiungere l’obiettivo, facendo affidamento solo sui propri meriti e non su altro.
Il grado raggiunto e esibito con la cintura comporta delle responsabilità, deve avere una sua effettiva corrispondenza con le proprie capacità e competenze, altrimenti chi la indossa corre il rischio di “perdere la faccia”.
La cintura per molti in certe situazioni e contesti diventa una vera e propria cintura di “sicurezza”, alla quale aggrapparsi per esercitare un potere spesso non riconosciuto.
La cintura avvolge l’addome e nello stesso tempo avvolge anche i nostri pensieri, i nostri istinti, che non vanno dispersi, ma tenuti a freno con la ragione, con equilibrio ed eleganza. Il suo nodo è la sua forza, i due estremi sono l’asta d’equilibrio del funambolo che non ha timore di restare sul filo sospeso sul vuoto.
La cintura unisce la parte destra con quella sinistra, dividendo il superiore dall’inferiore. Infine rappresenta il rispetto, da manifestare verso l’autorità di chi ha più esperienza e la solidarietà fra pari e un punto di riferimento, un modello per chi è inferiore.
Per capire chi si ha di fronte, in allenamento come in gara, basta osservare bene la sua cintura e il modo come viene indossata: è lo specchio dell’anima.
Continua…
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