Ricordi di Sperlonga quarantaquattro anni dopo
All’indomani della scomparsa del M° Cesare Barioli, pioniere del judo italiano, i cui funerali si sono svolti il 15 luglio 2012 presso il cimitero di Lambrate a Milano, ho telefonato al M° Nicola Tempesta, suo compagno di innumerevoli avventure, suo amico. Ci tenevo che a lasciare un ricordo di Cesare Barioli fosse proprio colui che lo aveva conosciuto e che aveva condiviso gioie e sofferenze per sostenere la crescita del nostro meraviglioso sport.
Quando ho chiesto al M° Tempesta di ricordare le parole pronunciate durante il funerale del M° Barioli, egli mi ha risposto di non ricordare con precisione cosa avesse detto in quel momento, ricordava solamente di essersi emozionato parecchio e che gli era scesa qualche lacrima sul volto. A emozionarsi quella domenica mattina di luglio non è stato solo Nicola Tempesta bensì tutta l’innumerevole platea. Questa è la chiara testimonianza che Cesare Barioli ha lasciato un segno indelebile in ognuno lo abbia conosciuto. Non solo, quelli che come me non hanno avuto la fortuna di incontrarlo, vivono il ricordo della sua leggenda.
Il M° Tempesta ha poi proseguito: “Cesare ha fatto davvero tanto per il Judo Nazionale. Egli ha regalato giornate felici a tutti noi judoka e ha dedicato la propria vita alla ricerca, ad accrescere la conoscenza. Non è giusto che sia andato via, avevamo ancora tante cose da fare…”.
E così la voce del M° Tempesta si è fatta esitante, a tratti tremante, roca, e per quanto si sforzasse non riuscì a nascondere l’emozione del momento e il senso di vuoto lasciato dalla scomparsa del caro amico.
Poi il maestro ha continuato raccontando che qualche giorno prima della scomparsa di Cesare Barioli era stato a Sperlonga, nota località turistica sul mare Tirreno, a metà strada tra Gaeta e Terracina. L’occasione gli aveva fatto venire in mente quando assieme a Cesare nel 1967 organizzarono il primo grande stage nazionale di judo. A tal proposito, aveva pensato di buttare giù due righe per ricordare quell’occasione, tanto cara non solo a chi l’aveva vissuta, ma a tutto il Judo Nazionale.
Così il 7 luglio 2012 telefonò a casa di Cesare per fargli leggere quelle righe. A rispondere fu Alfredo Vismara, che informò il M° Tempesta delle cattive condizioni di salute di Cesare Barioli, costretto a stare a letto.
“Buttai le carte sulla scrivania – ha continuato il M° Tempesta – ero triste e arrabbiato. Dopo qualche giorno da quella telefonata ricevetti la brutta notizia. Rimasi senza parole. Cesare è stata una persona fantastica, sempre disponibile verso gli altri. Mi dispiace che questo scritto non sia uscito prima della sua scomparsa”.
Dalla lettura sarà evidente quanto sia stato importante per la crescita del judo in Italia il sostegno di persone come Cesare Barioli e Nicola Tempesta, che gratuitamente e senza alcun interesse personale hanno messo a disposizione di tutti la propria professionalità.
Nicandro Buono
Nota:
A poco più di 5 anni dalla scomparsa del M. Barioli e a pochi giorni dal celebre convegno internazionale dell’AISE, l’Associazione Italiana Sport Educazione, fondata proprio da Cesare Barioli, Italiajudo propone ai propri lettori questo scritto di Nicola Tempesta in ricordo della nascita del judo nazionale, di cui Barioli era stato uno dei protagonisti.
Il testo di Tempesta – disponibile esclusivamente attraverso le nostre pagine – era già stato pubblicato a luglio del 2012 ma è andato recentemente perso a causa di alcuni problemi tecnici che hanno cancellato in modo definitivo un altro centinaio di articoli del nostro archivio. Al M. Tempesta vanno i nostri più sentiti ringraziamenti.
Dopo ben quarantaquattro anni, sono tornato a Sperlonga. Per i più anziani, basterebbe questo breve periodo da me scritto, per aprire la cassaforte dei ricordi dove sono custodite le nostre memorie. O per meglio dire, dove custodiamo quel che più ci piace ricordare. Ebbene si, Sperlonga è una di quelle memorie che non solo ci piace ricordare per il solo gusto della memoria, ma anche e soprattutto come memoria storica per un evento irripetibile per il judo italiano. Ora, vi racconto quanto accadde in quel tempo e gli artefici di quella giornata felice della nostra amata disciplina.
Siamo nel 1966, nel mese di ottobre o novembre, squilla il telefono: “Pronto, chi parla?” – “Ciao Nicola, sono Cesare, come stai?” – “Bene grazie, a che devo il piacere?” – “Sai Nicola, l’AICS (ndr Associazione Italiana Circoli Sportivi) ci vuole affidare la conduzione del judo. Se sei d’accordo ci vediamo a Roma lunedì prossimo in piazza Cavour, cosa ne pensi?” – “Va bene, a che ora?”…
Così iniziò l’avventura.
Quel famoso lunedì ci ritrovammo a Roma negli uffici dell’AICS dove fummo accolti in modo molto piacevole da persone gioviali e fattive. Dopo aver avuto un contatto con i massimi dirigenti, venimmo affidati ad una piacevolissima e simpaticissima signora, che con molto garbo ci spiegò tutte le attività dell’Ente, dove potevamo introdurci e quanto pensavano potessero da noi ottenere. Detto questo, venimmo presentati ad un loro dirigente che avrebbe di fatto costruito assieme a noi un percorso che desse soddisfazione ad ambo le parti. Scelta che si dimostrò vincente in tutto quanto accadrà dopo. Il dirigente in questione era un giovane giornalista baciato dal fuoco sacro, al secolo Ruggero Alcanterini, al quale, senza tema di smentita, dobbiamo gli accadimenti che seguirono.
Con l’Alcanterini fummo molto chiari: “Noi non intendiamo fare routine, vorremmo fare qualcosa che possa essere di aiuto allo sviluppo del nostro judo”. Lo invitammo “a carne e maccheroni” (ndr espressione napoletana per dire che lo invitarono a nozze). Sembrava un vulcano in attività. Dopo alcuni giorni, ci rincontrammo per stendere un programma di massima e nell’incontro chiedemmo di poter avere un’area che ci consentisse di fare un centro nazionale per il judo… anche di tipo camping.
Iniziò la ricerca del terreno in tutta Italia non solo grazie alla disponibilità dell’Alcanterini, ma anche e soprattutto alla grande introduzione capillare dell’AICS nel territorio. Nonostante gli sforzi e le grandi promesse avute, non riuscimmo nell’intento. Una concreta proposta venne da un dirigente che si era nel contempo avvicinato a noi per darci una mano. Ci disse: “C’è un camping in quel di Sperlonga sulla via Flacca che potrebbe ospitarvi. Ci proviamo?”. Ci buttammo a capofitto. Con l’Alacanterini andai a vedere il sito e lo spazio che ci riservavano per un eventuale capannone da costruire e l’area che ci mettevano a disposizione per il montaggio delle tende dei ragazzi.
Riuscimmo grazie all’AICS e ad Alcanterini ad ottenere la costruzione di un mega capannone – almeno per l’epoca – di 16x32x6 metri. Riuscimmo a ottenere dal presidente Zannelli della FIAP (ndr Federazione Atletica Pesante, vecchia dicitura dell’attuale FIJLKAM) un tatami di circa 450 mq e così nei primi giorni di luglio del 1967 partì il primo stage di judo nazionale del tutto GRATUITO. Noi tutti naturalmente ci auguravamo la buona riuscita dello stage.
Alcuni per gelosia altri per altre ragioni pensavano che non essendoci precedenti di uno stage di simile portata, l’evento sarebbe stato un grande flop. Ahi loro, sia gli uni che gli altri non ci azzeccarono per niente. Pensate, un successo paurosamente grande. Ogni giorno, durante tutti i 48 giorni di stage, si alternarono sul tatami atleti provenienti da tutta Italia. Questo ciclone precipitatoci addosso non era minimamente previsto. Facemmo molta ma molta fatica a condurlo in porto.
Era tutto da inventare. Dal primo momento ci sentimmo coinvolti, come dei pionieri, in un’esperienza senza precedenti per le sue caratteristiche, ma innanzi tutto senza paracadute o reti di protezione. Una vera sfida. Quanto ai compagni di avventura, il nostro serbatoio fu un insieme di determinazione e anche di casualità.
Man mano che i giorni passavano, anche grazie ai grandi maestri che ci affiancarono, cominciammo a delineare non solo un percorso di crescita ma anche e soprattutto una base nazionale, che in quel periodo latitava.
Vi era infatti una grande confusione nel mondo judoistico di allora, nel senso che a seconda del luogo di provenienza si utilizzavano termini diversi per intendere la stessa cosa, o viceversa gli stessi termini con significati diversi. Pertanto, la necessità di una base nazionale era fondamentale per la crescita della nostra disciplina e noi vi ci dedicammo con tenacia e passione.
Tornando a quel fantastico stage, mi vengono in mente decine di aneddoti e fatti simpatici che in quei giorni avvenivano a momenti costanti. Non basterebbero libri per raccontare quanto accadde sia sul tatami, che sulla spiaggia che nel mare, nelle ore diurne e nelle ore notturne.
Ricordo con grande piacere che Cesare Barioli si dilungava per ore al di fuori degli allenamenti a raccontare la storia del judo ai giovani atleti. Vi erano ogni volta un centinaio di ragazzi seduti ad ascoltare gli insegnamenti di Cesare, tutti affascinati non solo dal suo modo di fare, ma soprattutto dalla sua conoscenza.
Verso i primi di settembre del 1967 chiudemmo lo stage dopo ben 48 giorni, ripromettendoci di farlo proseguire l’anno successivo. E così facemmo.
Però per il 1968 ampliammo gli obiettivi, tanto che il presidente della FIAP Zanelli comprese l’importanza della unificazione di una base comune nazionale. Non solo ci prestò di nuovo il tatami, ma per la prima volta in Italia si indisse uno stage federale di ben 30 giorni per istruttori di judo, con l’invito a Sperlonga del tecnico federale Tadashi Koiké. Allo stage obbligatorio parteciparono circa 100 tra maestri e istruttori per 30 giorni. Nel 1968 affilammo le armi, avendo avuto l’esperienza dell’anno precedente. Ci avvalemmo, tra gli altri, di collaborazioni importanti per gli stage e le varie esigenze non sono tecniche che vennero ora dopo ora presentate ma anche di carattere organizzativo-amministrativo che si proposero.
Cito solo qualcuno degli amici che diedero una grossa mano: M° Yasuhi Kataoka, M° Bruno Carmeni per la parte tecnica, il M° Franco Natoli, Dott. Gianni Bragaglia per la parte organizzativo-amministrativa, prof. Gabriele Tedeschi per la parte medica. Ospitammo fra gli altri, grandi gruppi come la nazionale italiana universitaria per 15 giorni a Sperlonga agli ordini del CT Silvano Addamiani, per la preparazione di un importante torneo internazionale. Avemmo anche il piacere di avere ospite il Betti Nazionale (ndr Tommaso Betti Berutto, uno dei più importanti pionieri del judo italiano) che era venuto a dare una mano.
Quell’anno come il precedente fu pieno di iniziative tutte tendenti in modo propedeutico al crescere dei nostri ragazzi. Il numero dei partecipanti quell’anno superò, nei 50 giorni di stage, 1.200 giovani, compresi lo stage della FIAP (circa 100 unità).
Che dire…
Rivedere il sito di sperona mi ha portato indietro di qualche lustro, a proposito, prima che me ne dimentichi, parlando di unificazione di base tra le varie regioni d’Italia, il camping che ci ospitava si chiamava “Nord Sud”.
Caso o premonizione? Premonizione vincente!
Cito solo alcuni dei giovanissimi che presero parte allo stage, che poi daranno onore al judo nazionale.
La Francesca, Tevolucci, Anselmo, Di Plama, Corio, Tesini, Alfredo e Giuseppe Vismara, Centracchio, Marmo, Veronese, Vignola, Di Francia, De Carlo, Giorio, Varoli, De Crescenzo, De Angelis, Piterà, Panachia, Iuda, Cerciello, Officioso, Galbiati, La Baccheri e Borini erano le due ragazze di Palermo e Vicenza rispettivamente e molte altre ragazze romane che renderanno onore al judo.
Un sentito ringraziamento a Cesare Barioli, Ruggero Alcanterini, ai dirigenti dell’AICS, al proprietario del camping Marcello, ancora oggi pimpante organizzatore di iniziative in quel di Sperlonga e ai tanti collaboratori.
Nicola Tempesta, Luglio 2012
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