JUDO E SOCIETÁ – Presentazione
Questo mercoledi’ inauguriamo la rubrica dal titolo “JUDO E SOCIETÁ” tenuta da Giuseppe Tribuzio, sociologo dell’Educazione e della Salute, formatore e docente incaricato di Sociologia presso l’Università degli studi di Bari, istruttore federale fin dal 1982. Il professore Tribuzio e’ un esperto formatore ed educatore di docenti di ogni ordine e grado nel recupero della devianza giovanile […]
Questo mercoledi’ inauguriamo la rubrica dal titolo “JUDO E SOCIETÁ” tenuta da Giuseppe Tribuzio, sociologo dell’Educazione e della Salute, formatore e docente incaricato di Sociologia presso l’Università degli studi di Bari, istruttore federale fin dal 1982. Il professore Tribuzio e’ un esperto formatore ed educatore di docenti di ogni ordine e grado nel recupero della devianza giovanile e della dispersione scolastica. E’ l’autore del libro: “Judo. Educazione e societa’”. Con questa rubrica il prof. Tribuzio suggerisce i principi del judo come via per raggiungere il miglioramento della societa’.
Buona lettura!
Questa rubrica non commenterà i risultati sportivi riguardanti i vari tornei di judo nazionali e internazionali, sarebbe un doppio di altre ben più qualificate, ma cercherà di aprire una finestra a lungo tenuta socchiusa su ciò che il judo può diventare all’interno di una società sempre più frenetica e competitiva come quella che ci vede protagonisti ogni giorno.
Il judo, così come lo conosciamo, è uno strumento potentissimo per educare i giovani a conoscere meglio se stessi e quindi le proprie capacità, i propri desideri, le proprie attitudini, i propri limiti. Ma questo percorso non è dei più semplici perché per giungere a ciò è necessario che i giovani imparino a pensare con la propria testa di fronte agli eventi, sempre più complessi, che si presentano davanti a loro.
Da tempo ormai si parla di cambiamento continuo, del doversi adeguare ai cambiamenti, perché nulla è più immaginabile come stabile, immutabile. Famosa è diventata la definizione del sociologo Z. Bauman che a tal proposito ha coniato il termine di “modernità liquida”.
I giovani studenti, dopo aver seguito i programmi ministeriali, appena diplomati si rendono conto di essere in ritardo rispetto al mondo del lavoro che, per essere sul mercato, deve competere e per questa ragione necessita di innovazione continua.
Allora come fare se tutto gira ad alta velocità? Non si fa in tempo ad imparare qualcosa che è già superata da altro. Non si può imparare tutto, questo è evidente. Ma una cosa è possibile fare, allenare la mente ad apprendere il nuovo quando è il momento. Quindi non si tratta di avere una testa ben piena ma, come diceva Montaigne, di avere una testa ben fatta, in grado di essere pronta ad ogni evenienza, per dare la risposta giusta al momento giusto.
La scuola, in genere, non prepara i giovani a questa duttilità, perché anche laddove riesce a trasmettere i saperi, non riesce a educarli al confronto con la realtà, che necessita non solo di conoscenze ma ha bisogno di particolari abilità. Il sociologo francese E. Morin a questo proposito ha ripreso in considerazione quell’intelligenza astuta tipica dell’epoca omerica, nota ai greci con il termine di “metis”. Se individuiamo Ulisse come il miglior rappresentante di questa intelligenza, nello stesso tempo dobbiamo essere in grado indicare un metodo che consenta ai giovani di cimentarsi con situazioni che cambiano in continuazione, che per essere fronteggiate richiedono non solo abilità fisiche, ma capacità intuitive in grado promuovere un agire efficace mentre appare il fenomeno.
Ecco, la pratica del Judo sembra essere la disciplina ideale per allenare l’intelligenza intuitiva in grado di dare ai giovani una marcia in più nella loro formazione. Il judo, pertanto, a qualsiasi livello, pone l’individuo di fronte a situazioni che, nel loro svilupparsi in forma dinamica, richiedono tempi di reazione sempre più brevi, con risposte opportune. Con l’allenamento quotidiano al randori si giunge dopo un po’ di tempo ad intuire l’azione dell’avversario–partner un attimo prima che essa si sviluppi. Si parla in questo caso si intuizione che prevale sull’intenzione. Appare evidente quanto sia necessario lo sviluppo di questa qualità per poter esprimere al meglio le proprie competenze in ogni ambito della vita sociale.
Ma affinchè il judo possa educare all’agire intuitivo sono necessari dei programmi didattici ben ponderati che mirino a questo, che educhino i giovani, prima di tutto, come afferma Immanuel Kant nel suo trattato di pedagogia, a pensare e in seguito ad agire riducendo al minimo lo scarto tra pensiero ed azione.
I giovani hanno bisogno, pertanto, nella loro formazione non solo di titoli e medaglie da esibire, ma di una intelligenza raffinata, in grado di dar loro la possibilità di capire meglio e in tempo utile i cambiamenti che li coinvolgono nella loro quotidianità, sempre più complessa di un combattimento di Judo.
Continua…
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Soprattutto i giovani hanno bisogno (come noi tutti) di pensare con la propria testa. Articolo molto interessante.
Gentilissimo Professore,
sono lieto di ritrovarla su Italiajudo e di poter condividere alcune visioni sul ruolo educativo del Judo.
Pur concordando con molto di quello che Lei scrive nel suo interessantissimo libro e in questo breve articolo devo però sottolineare che in molti casi il Judo può rivelarsi un’arma “spuntata”.
Mi spiego, lei dice “Il judo, così come lo conosciamo, è uno strumento potentissimo per educare i giovani a conoscere meglio se stessi e quindi le proprie capacità”. Certo, ma per poter praticare Judo si devono possedere dei pre-requisiti di base.
Oggi, purtroppo, una importante fetta della popolazione infantile arriva all’età per la frequenza della scuola primaria senza aver completato la maturazione necessaria per affrontare i compiti richiesti.
Ma come dice il prof. Giacomo Rizzolatti “il sistema motorio non serve solo a produrre ma a recepire cosa fanno gli altri”. Questa affermazione, dal mio punto di vista pedagogicamente rivoluzionaria, pone il motorio alla base di tutto il cognitivo. Di conseguenza se i bambini arrivano all’età della primaria senza i pre-requisiti necessari il problema va ricercato nel “motorio”.
A cascata ne discende che come non sono pronti per affrontare le elementari spesso non siano pronti ad affrontare un corso di base di Judo.
Ora le chiedo, a suo parere il corpo insegnanti delle scuole e i tecnici sportivi sono preparati e pronti per affrontare i problemi dei bambini del 2015?
Cordialmente
Vittorio Serenelli
Carissimo Vittorio,
condivido ciò che metti in evidenza nel tuo commento. Purtroppo la scuola, ancora oggi, dopo tutte le promesse di continue riforme, non è in grado di percepire i problemi dei bambini, che non sono solo cognitivi, tutt’altro, sono come tu evidenzi, motori o meglio psico-motori abusando un po’la terminologia.
Il corpo insegnanti cosa vuoi che ne sappia della motricità se riduce gli alunni a stare seduti per diverse ore, bambini che avrebbero bisogno di muoversi, di esplorare le proprie capacità? Due ore di educazione fisica bastano nella scuola secondaria di 1° grado? E nelle primarie? Quando anni fa ho semplicemente proposto ad una Direttrice di Scuola elementare,( allora si chiamava così, perchè scusa l’inciso, queste sono le uniche riforme che piace fare da noi, cambiare le intestazioni),di lasciare montato sul pavimento della sua palestra il tatami di judo per consentire ai suoi alunni di rotolarsi, di strisciare, di fare capovolte di camminare a piedi scalzi, finalmente, la risposta è stata: “No. Poi come fanno a fare ginnastica? ” Le maestre non possono stare scalze sul tappeto, se gli alunni si fanno male?. Insomma, c’è molto da fare ancora. La scuola vede ancora se stessa come un fortino, che deve resistere a chi propone cose che “essa stessa” non è stata in grado di pensare. Per certi versi c’è ancora questa arroganza intellettuale, che diffida di chi non espone un titolo, un brevetto, ma semplicemente “buon senso”. Ma nonostante ciò dobbiamo continuare ad andare avanti: “tutti insieme…” altrimenti non siamo credibili e non possiamo proporci come pensatori innovatori.