JUDO E SOCIETA’ 8

JUDO E SOCIETA’ 8

Al suo ottavo appuntamento la rubrica “Judo e società” si sofferma sulla possibilità del judo di rompere i confini del tatami e di pervadere la vita circostane insinuandosi con forza nella quotidianità: è lo spirito di un arte ed una disciplina che va oltre lo sport facendosi strumento educativo e veicolo di nuova umanità capace […]

Pubblicato da G. Tribuzio il 17 Giu 2015 in Bari

Al suo ottavo appuntamento la rubrica “Judo e società” si sofferma sulla possibilità del judo di rompere i confini del tatami e di pervadere la vita circostane insinuandosi con forza nella quotidianità: è lo spirito di un arte ed una disciplina che va oltre lo sport facendosi strumento educativo e veicolo di nuova umanità capace di restituire l’uomo a se stesso.

 
 

Prima del Judo e oltre il Judo…

 

Nella relazione educativa c’è sempre stata una certa riconoscenza da parte  dell’educando nei riguardi dell’educatore. L’allievo e il maestro lavorano insieme allo stesso progetto anche se con  compiti diversi e nel loro lavoro somigliano tanto uno alla chioccia che dopo aver covato il suo uovo nel momento giusto  becca il guscio  per far uscire il pulcino, che  cerca di fare lo stesso dall’interno. Se il guscio si apre  prima del tempo  il pulcino  rischia  di morire, se invece si schiude in ritardo il pulcino  muore soffocato. Educare  è un  “gioco”  molto  sofisticato nel quale devono essere rispettati tempi e ruoli, per questa ragione  è sia arte che scienza.

Il maestro di Judo  non può essere più identificato come  un semplice istruttore, in grado di trasmettere il gesto tecnico, ma  come  educatore  capace di dare senso all’attività che si svolge  sul tatami. Educare i giovani judoka a seguire  con gli occhi e  le orecchie  quanto  viene mostrato e detto è una parte importante della pratica del Judo, che in altri ambito  viene sempre più trascurata.

Nelle  Epistole  di Plinio, il giovane, leggiamo che «fin  fai tempi  antichi vigeva la norma che noi  imparassimo dai più  anziani, non solo  con le orecchie ma  anche con  gli occhi, le cose che  avremmo dovuto fare  noi e che  in seguito a nostra volta avremmo dovuto trasmettere  ai più giovani. Di conseguenza i ragazzetti venivano subito formati alla  disciplina militare, affinché si avvezzassero a  comandare obbedendo, a fare i condottieri, mentre  intanto erano gregari; inoltre  chi si  disponeva a intraprendere  la carriera politica si piazzava alle porte  della curia e faceva l’osservatore delle pubbliche deliberazioni prima di diventare partecipe. Ognuno aveva  come maestro il proprio  padre o, se non lo aveva più, ne faceva le veci uno tra i più anziani e autorevoli»[1].

La nostra cultura, che attinge molto dal Rinascimento, si è sviluppata e affermata nelle botteghe artigiane,  all’interno delle quali questi insegnamenti sono diventati parte essenziale della formazione dei più grandi artisti italiani. La trasmissione della conoscenza, lo si è capito fin dai tempi antichi, e l’insegnamento di Socrate  è un esempio, non avviene  con automatismi, ma è possibile solo  in presenza di una relazione diretta tra maestro e allievo, che i giapponesi  chiamano  “I shin den shin”, cioè  “dal mio cuore a tuo cuore”. Oggi, non essendoci  più botteghe artigiane e non potendo far fare ai giovani l’esperienza  di apprendere un mestiere da un maestro, che insegna  senza insegnare, facendo semplicemente da modello, l’unica occasione possibile resta  quella di entrare in una scuola di Judo, che ha molto ancora di  bottega. Qui un “artigiano”  dello sport accoglie coloro che voglio dedicarsi  allo studio del Judo e propone loro di  osservare, ascoltare, provare, riprovare il gesto tecnico fino a diventarne padroni. Lentamente,  chi ha la fortuna di incontrare un ottimo “maestro”, scopre  ciò che non avrebbe mai immaginato potesse apprendere, restando  fuori dal tatami a guardare. Si apprende l’arte da chi la pratica, da chi  te la fa amare, da chi non usa  parole per comunicare la sua passione, ma il suo saper fare e  saper essere quotidiano.

Questa è la magia del Judo, che va oltre il Judo e  pervade la vita di chi si fa  prendere, trasformandola in continua ricerca del meglio di sé, in ogni occasione e circostanza, per essere da esempio e di aiuto a chi ne ha bisogno.

 


[1] Plinio, Epistole, 8,14).
 

 


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