Intervista a Matteo Marconcini

Intervista a Matteo Marconcini

Gli studiosi ritengono che alcuni gatti nascono con un determinato gene dominante, che li rende vincenti rispetto agli altri simili a dispetto di età, razza, dieta ecc.  Matteo Marconcini, da quando l’ho visto per la prima volta da esordiente, è sempre stato uno con questo gene. Uno di quelli che è destinato comunque a fare qualcosa di non banale […]

Pubblicato da Andrea Bonechi il 5 Ago 2014 in Prato

Gli studiosi ritengono che alcuni gatti nascono con un determinato gene dominante, che li rende vincenti rispetto agli altri simili a dispetto di età, razza, dieta ecc. 

Matteo Marconcini, da quando l’ho visto per la prima volta da esordiente, è sempre stato uno con questo gene. Uno di quelli che è destinato comunque a fare qualcosa di non banale quasi come naturale conseguenza della sua bravura. Ricordo che aveva un “inusuale” (per l’età) Yoko Tomoe Nage, che puntualmente lo portava alla vittoria. E io mi arrovellavo il cervello con frasi tipo: “perchè a lui riesce e io ci rimango sotto?”. Dopo ho capito che ci sono persone semplicemente fatte apposta per il Judo, semplicemente più forti. Se a tutto questo ci aggiungi sacrificio, una bella squadra con cui crescere e allenarsi, non stupisce che il suo hobby sia diventato anche la sua professione.
Tornato vincente dalla Germania mi sono offerto di intervistarlo. 

1. Intanto, bentornato! Contento per la medaglia in Germania?

Si, molto.  Soprattutto perché sono stato fuori a causa di un paio di infortuni alla spalla, e questo  non mi permetteva di essere al meglio nè fisicamente nè mentalmente per le gare e, soprattutto, in allenamento.
Il dolore non piace a nessuno, ma in uno sport come il nostro bisogna anche essere preparati a qualche stress fisico.
Nell’ultimo periodo invece mi sento a posto, fiducioso di tornare a fare bene e divertirmi come prima.

2. A chi dedichi la medaglia?

A Dalila, la mia ragazza! Sicuramente in questo periodo di alti e bassi mi è stata molto vicino, nonostante lei studi a Firenze. Essendo poi la prima medaglia d’oro che vinciamo “insieme”, se la merita tutta!  Lei non ha mai praticato judo, ma sta imparando pian piano seguendolo in tv e, ovviamente, seguendomi alle gare. La distanza c’è, ma in fondo Roma e Firenze non sono poi così lontane. Di conseguenza, impegni di entrambi permettendo, possiamo vederci abbastanza spesso.


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3. E’ dura fare il professionista? 

A volte può risultare faticoso avere sempre la costanza che un professionista deve avere….ma d’altro canto è l unico modo di maturare la passione iniziata in età giovanile. Proprio per questo motivo ci tengo a ringraziare il Centro Sportivo Carabinieri per avermi dato la possibilità di disputare tornei e stage con la regolarità, fondamentali per una buona crescita.
Judoisticamente sono nato e cresciuto al Judo OK Arezzo, una piccola ma ottima scuola. Da quando avevo 4 anni fino a quando ne ho avuti 18 è stata la mia seconda casa. Col mio coach Roberto Busia e con tutti gli amici che ho lasciato ad Arezzo, abbiamo girato l’Italia e ci siamo divertiti sempre un sacco, pur non avendo mai avuto grandi mezzi (a partire dal tatami che era ed è tuttora 70 mq scarsi!). E’ anche grazie a loro se sono arrivato qui. Grande sostegno è arrivato, ed arriva tutt’ora, dai miei genitori, che con grandi sacrifici mi hanno supportato anche nelle gare che richiedevano di stare via più giorni.

4. Quando hai capito che saresti potuto diventare un professionista?

Sicuramente nell’adolescenza, quando grazie a continui allenamenti e sacrifici (che un ragazzo di quell’eta non sempre è disposto a fare) ho iniziato ad ottenere sempre più risultati. Ho iniziato a fare judo a 4 anni e non ho mai desiderato fare altri sport. L’opportunità di fare il professionista si è palesata durante gli anni del liceo, ma se non ci fossi riuscito credo che avrei fatto fisioterapia.

5. Ti ispiri a qualche atleta in particolare?

Ammiro molti campioni di diverse discipline, ad esempio Armin Zöggeler, plurimedagliato nello slittino, o Roger Federer, il fuoriclasse del tennis. Ma devo ammettere che non mi ispiro a nessuno in particolare. Amo ogni tipo di sport, ce sono sono tanti che seguo e rispetto molto, tra questi il rugby e il tennis. Ma non ho mai pensato di abbandonare il judo per passare altrove.


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