Il “Caso Astana”: un grido al cambiamento

Alzato il polverone sui social network, le notizie riprese dalle agenzie hanno fatto presto il giro d’Italia: Pino Maddaloni ha abbandonato la direzione della nazionale in polemica con le scelte della Federazione sulle convocazioni per i Mondiali di Astana. Se la notizia fa solo scandalo probabilmente di quello che sta succedendo non s’è capito nulla; […]
Alzato il polverone sui social network, le notizie riprese dalle agenzie hanno fatto presto il giro d’Italia: Pino Maddaloni ha abbandonato la direzione della nazionale in polemica con le scelte della Federazione sulle convocazioni per i Mondiali di Astana.
Se la notizia fa solo scandalo probabilmente di quello che sta succedendo non s’è capito nulla; la dipartita di Pino Maddaloni è solo un gesto estremo ed estremizzato, condivisibile o criticabile ma coerente con l’ambiente in cui è maturato e di cui Maddaloni stesso ha fatto parte fino a pochi giorni fa: lo “scandalo” di queste ore non riguarda né Pino Maddaloni, né il fratello Marco benché i due noti judoka siano al centro dell’interesse mediatico.
Da un lato c’è un allenatore – e non un Commissario Tecnico come molte testate hanno erroneamente indicato: in questo caso la differenza è determinante – in polemica con la Federazione che l’ha nominato dopo i Mondiali di Parigi 2011 e l’ha riconfermato dopo Londra dandogli la responsabilità dell’Italia Maschile: la polemica nasce dalla mancata condivisione dei convocati per Astana.
Dall’altro c’è una Federazione che come poche altre volte ha preso posizione ma che non ha fatto i conti con le proprie scelte: nel 2015 i cambiamenti vanno preparati, annunciati, motivati.
Quella di questi giorni non è e non può essere la battaglia personale di una famiglia contro una Federazione: se lo fosse non sarebbero pochi i presupposti per parlare di conflitto di interesse e sarebbero dunque attaccabili tutte le scelte che fino a pochi giorni fa hanno retto gli equilibri nazionali.
Neanche gli atleti, benché chiamati in causa in prima persona, sono i protagonisti di queste ore: né i convocati per Astana che in tanta confusione devono mantenere la concentrazione per arrivare pronti al mondiale, né quelli che dal mondiale sono stati esclusi e hanno comunque ottime ragioni per far sentire la propria voce.
Quello di questi giorni è invece e soprattutto uno scontro di vedute sul futuro del judo italiano: ed è un punto di rottura ben più serio di quanto possa essere uno strappo sui convocati al mondiale.
Il “Caso Astana” è infatti solo l’ultimo episodio di un telenovela ormai stantia: il sistema che ha retto fino ad ora, quello delle eccezioni, dei campanilismi, dei nepotismi, quello che non ha il coraggio delle proprie scelte e della trasparenza, quello che antepone il “chi è” e il “di chi è” al “cosa ha fatto” e al “merita”, non è più in grado di confrontarsi con le richieste, le esigenze e le peculiarità del giorno d’oggi.
La critica sui nove convocati per Astana è partita infatti da questa pagina come una critica alla mancanza di prospettiva di una convocazione al ribasso: un segno di cambiamento non può infatti limitarsi ai tagli, ma dovrebbe indicare una nuova strada. Ma esiste una strada?
Una selezione lungimirante avrebbe potuto ampliare lo scenario dei qualificabili per Rio e dare un segnale che va oltre ai Giochi del 2016: d’altronde, al di là della débâcle di Baku, gli azzurri medagliati nelle competizioni maggiori fino a luglio 2015 (Continental Open, Grand Prix, Grand Slam, Universiadi, Campionati Europei) sono ben quindici (vedi tabella), il doppio se si tengono in considerazione i risultati nell’anno precedente. Spicca tra gli altri il caso di Elisa Marchiò già tra i qualificati virtuali a Rio come quota continentale, unica essere esclusa dalla selezione per il mondiale: non va dimenticato che la medaglia olimpica di Rosalba Forciniti fu merito di una convocazione last minute tra le quote continentali ed Elisa ad Astana avrebbe potuto migliorare la sua posizione in Ranking; spicca anche il caso di Matteo Piras, medaglia alle ultime Universiadi nei 66 kg, spicca la mancanza dei giovani del progetto Tokyo che aspettano ancora di avere una chance per combattere ad alto livello non tanto in prospettiva di Rio ma del quadriennio successivo: due tra tutti, Antonio Esposito e Maria Centracchio.
Al di là dei sommersi e dei salvati di Astana, dei casi singoli e degli strappi collettivi, la bufera che si è abbattuta sul judo italiano in questi giorni è in verità una grandissima occasione per fermare la macchina e ripartire da zero: con una prospettiva appunto, una prospettiva tessuta di regole ferree, criteri oggettivi e percorsi definiti.
Si tratta di mantenere alcuni impegni “cruciali” che in questi giorni la Federazione ha preso, pur tra le righe:
1) maggiore lavoro di squadra ed una rinnovata collaborazione con le società sportive: questi sono due dei cardini della nuova direzione tecnica di Kiyoshi Murakami, come annunciato nella Circolare 48 del 31 luglio 2015: un impegno doveroso alla luce dei recenti risultati coi settori giovanili che hanno dimostrato che l’Italia “liberalizzata” coi club lavora alla grande al punto di raggiungere la vetta del mondo;
2) investire di più sui giovani: è l’auspicio del Vicepresidente Federale Franco Cappelletti a chiusura della stagione storica della nazionale under 18; avere il coraggio di puntare sui giovani significa riconoscere che non bastano più i progettini “verso Rio” o “verso Tokyo” ed iniziare una vera e propria rivoluzione attraverso una programmazione che tracci percorsi, passi e tappe, che definisca obbiettivi e criteri, che pianifichi gli investimenti necessari a trasformare i giovani talenti di oggi nei campioni di domani;
3) “allargare il numero degli atleti qualificati e qualificabili dando la possibilità anche a quelli più giovani di fare esperienza, di mettersi in mostra e di coltivare il sogno olimpico”: sono le parole apparse sul sito Federale l’11 agosto nel tardivo comunicato in cui la Federazione ha chiarito la posizione del Conisglio Federale circa il mondiale di Astana. Gli esclusi di Astana hanno il diritto ed il dovere di continuare a combattere.
Ad un anno dai Giochi Olimpici e a poco più di un anno dal rinnovo degli incarichi federali, in un periodo in cui è in atto una revisione delle falle dei vecchi sistemi, l’Italia del judo si deve interrogare sull’opportunità di un cambiamento drastico del sistema obsoleto che regge il nostro sport. La confusione di queste ore va ripulita dal clamore mediatico e riletta all’interno di un sistema che urge di cambiare: dopo tante ore di sdegno è tempo di aver il coraggio di darsi da fare.
“La speranza ha due bellissimi figli:
lo sdegno e il coraggio.
Il primo di fronte a come vanno le cose,
il secondo per cambiarle”.
S. Agostino – Confessioni
parole di buon senso ed a questo proposito come la và che si continuano ad adottare soluzioni non aderenti alle norme ? inventandosi e confondendo qualifiche?
per tornare al Santo tunisino inizia con
prava corrigere, recta corroborare : Sancta Sublimare
che poi verso Rio e verso Tokyo si definisca e liquidi come “progettini”…..la dice lunga
Forse la vera rivoluzione sarebbe quella di permettere al C.T. designato di scegliere i propri collaboratori!!!
La sensazione che ho è che gli ultimi 2 C.T. Toniolo e Murakami abbiamo dovuto accettare quello che c’era…
Il primo è saltato miseramente e secondo me ingiustamente… era troppo presto per giudicare e tirare le somme… x Murakami aspettiamo e vediamo…
Il problema forse è sempre quello che i tecnici della Nazionale (soprattutto quella maggiore) debbano fare un po’ di gavetta a prescindere dai loro risultati agonistici… oltre che studiare e formarsi a dovere x il nuovo ruolo.
Buongiorno a tutti,
Quello che sta succedendo un questi giorni non è niente altro figlio di scelte sbagliate e di un sistema federale ARCAICO RETTO DA VECCHIE PERSONE
CON VECCHI PENSIERI E MOSI DI VEDERE.
Come qualcuno ha accennato già l’esclusione del CT RAFFAELE TONIOLO NON SI CAPITA BON LA SI È SPIEGATA NE’ motivata realmente.
È ORA DI CAMBIARE STATUTO FEDERALE E UOMINI DELLA FEDERAZIONE.
STACCATEVI DA QUESTE SEDIE MALEDETTE E ANDATEVENE A CASA.
TANTO ORMAI AVETE MANGIATO TUTTO QUELLO CHE C’ERA DA MANGIARE, FATELO PER IL JUDO PER LA NS AMATA ARTE MARZIALE.
La meritocrazia in Italia non esiste. Tutta la nostra classe politica è lì a mostrarlo ed a dimostrarlo. Nel judo, a livello nazionale, vige la stessa regola, calata dall’alto. I privilegi sono impossibili da sradicare e la chiarezza e trasparenza delle chimere. Il cambiamento in atto potrebbe non cambiare nulla e ripristinare solamente vecchi equilibri, con il chiaro scopo di comandare al di là di competenze tecniche specifiche e di meriti dei singoli.
Difficilissimo dare spiegazioni sufficientemente supporttate con i pochi elementi che abbiamo in mano, da una parte atleti molto bravi ma che non si sono mai imposti in maniera esclusiva (alla Mariani, o Gamba tanto per intenderci), e allora li lasciamo a casa? dentro di me direi NO perchè se non ci sei non puoi combattere e se non combatti non puoi sapere come andrà a finire; Cambio di D.T., anche qui , quale valore aggiunto da il Murakami di turno? vi è stato un serio cambiamento di metodologia? vi si sono registrati i relativi cambiamenti? Quando venne in Italia l’amico Pawlovski si sono notate subito le differenze fra i suoi metodi e quelli allora in uso, una differenza abissale, il DT Romanacci ha fatto sognare l’Italia a Sidney dopodichè solo sprazzi, importanti ma sprazzi di scuola italiana; la differenza è nei ragazzi sino a 17 anni dopo vi è sempre un po di buio, quali le cause, non sono in grado di saperlo ma sicuramente vi sono.
Buon ferragosto a tutti
L’allenatore Pino Maddaloni ha fatto tutto questo caos per portare verso di se tutti i media e tutti i tifosi. Mi chiedevo se avrebbe fatto tutto questo se nel mucchio degli esclusi non ci fosse stato suo fratello Marco Maddaloni. In questi anni che ha allenato la squadra maschile si può notare che gli atleti che vengono portati a fare le qualifiche di rio 2016 sono sempre gli stessi a prescindere dai risultati.Lui quanti atleti giovani ha bruciato? Nelle altre nazioni spiccano giovanissimi già qualificati che da cadetti o junior venivano battuti dai nostri judoka.Mi dispiace dirlo ma sarai stato un campione però come allenatore fai acqua da tutte le parti. Speriamo cambi il sistema per il bene del judo e di tutti quei ragazzi che danno anima e corpo per la loro patria e credono in questa magnifica disciplina
Buon giorno.
da giorni leggo i vari social delle stupidagini soprattutto da coloro che non sono addetti ai lavori , e che hanno espresso proprie opinioni e/o considerazioni solo unilateralmente senza sapere la realtà dei fatti.
Però con grande sorpresa noto che nessuno commenta o condivide la lettera aperta del Sig. E, De Denaro che invia a Pino Maddaloni e che di seguito allego.
“Caro Pino ti scrivo…
Caro Pino, qualche giorno fa ci siamo sentiti al telefono. Eri un fiume in piena. Come sempre del resto. Energia pura. Mi hai raccontato e ti ringrazio, hai ripetuto ciò che da giorni si legge e si ascolta in ogni dove. La tua forza mediatica, la forza mediatica dei Maddaloni è straordinaria. E anche di questo ti ringrazio. Sei, siete unici e vi vogliamo bene proprio per quello che siete. Ora, dopo aver riflettuto, vorrei esprimerti un parere. Ogni divorzio è accompagnato da cose spiacevoli ed i sentimenti di simpatia o amicizia per una parte portano a sostenere emotivamente soltanto uno dei due responsabili. Ma dare un giudizio che sia obiettivo e sensato, è tutt’altra cosa. Perché si devono conoscere le storie, approfondire i fatti per non scivolare sulle superficialità e sui pregiudizi, che sempre hanno contribuito a pessimi risultati. La tua vicenda, Pino, merita la massima attenzione e pretende una valutazione al netto dei pregiudizi, e se tu sei l’amico di tutti, il campione solare che ha vinto le Olimpiadi, è normale che su di te pregiudizi non ce ne siano. Diversa la percezione che si ha della federazione, su ogni forma di potere istituzionale, anche perché viviamo una fase storica-sociale (e non solo) in cui ogni richiesta sembra essere un diritto (vero o presunto) da sbattere con veemenza sui social, mentre i doveri sono faccende altrui. Sempre e comunque dell’istituzione di turno. Ho letto, per esempio, sui post di alcuni degli azzurri, che si allenano tantissimo, che faticano e stanno lontani da casa per lunghi periodi. Il primo pensiero è: che fortunati! perché lo possono fare, ma anche perché usufruiscono di condizioni di privilegio che altri non hanno. Loro lo sanno, ma in realtà stanno rivendicando: “non rompeteci le balle, siamo i più forti e meritiamo la vostra fiducia! Guardate la ranking!”. La fiducia che gli atleti chiedono è sempre appesa ai risultati, così come per le squadre (anche di calcio), i coach di qualsiasi sport. In particolare, se sei stato scelto per rappresentare un intero paese, assieme ai risultati è atteso anche un comportamento modello. Questo è lo sport! E nel judo, è proprio la ranking a denunciare una situazione difficile, soprattutto se la si affronta con l’auspicio di passare un turno ai campionati del mondo per ottenere la qualificazione. Vale la pena precisare che sarebbe comunque un’ipotesi virtuale, nessuno otterrà la qualificazione olimpica ad Astana vincendo un solo incontro. Questo sistema IJF premia inevitabilmente i più forti, che sono quelli che vincono di più, con continuità, in un circuito che non ha più soste né segreti. Ma se si parla soltanto della qualificazione olimpica, si può dire anche che non è complicatissima per chi ha un buon livello. E gli atleti italiani con un ottimo livello sono numerosi, mentre l’opportunità di scalare la ranking è riservata soltanto a pochi. Opportunità che nascono da scelte che hai fatto tu, Pino, e che non sempre sono state capite o condivise, ma non sono arrivate ai giornali perché fermate prima, proprio da quel presidente o chi per lui, che ascolta, capisce, seda. Guarda ora la ranking! ha un significato ben diverso da quello di chi l’ha detto prima di me. Pino, hai fatto le tue scelte, le hai difese com’è giusto che sia, riconosci che i risultati non sono eccellenti e fra quelli da tenere in considerazione metti anche il terzo posto di Elio Verde a Taipei, ma scegli una posizione rigida, di rottura, al primo altolà che ti viene posto. Un altolà che può non essere condiviso, ma è obiettivamente comprensibile e coerente con tutte le altre scelte fatte dalla federazione. E con questo non dico che le scelte della federazione sono tutte azzeccate, anzi, i pregiudizi sono come le medaglie, si conquistano sul campo. Fra le più recenti a suscitare perplessità, per esempio, c’è il sofferto esonero di Raffaele Toniolo da DTN. Era ottobre 2014, a poco più di un anno dalla nomina è stato avvicendato temporaneamente da una commissione che il mese scorso ha passato il testimone a Kyoshi Murakami. Più di qualcuno si sente all’altezza per quel posto, ma per fare il DTN in Italia oltre l’imparzialità, la pazienza, la tolleranza, ci vuole la capacità di programmare l’attività a lungo termine con il più ampio coinvolgimento della qualità disponibile (che per fortuna non è poca). E per farlo, bisogna sapersi adattare anche a fattori imprevisti, come in questo caso, per rispondere nel modo più opportuno in ogni momento ed in ogni situazione. Quì ed ora! Esattamente come in gara. Situazione in cui ti riconosci meglio che altrove. Pensaci Pino!
Con amicizia e stima, Enzo”.
Se è possibile desidero avere una vostra opinione in merito.
P.S. mi scuso se scrivo in forma anonima.
La mia opinione é che nessuno l’ha commentata perché nessuno (io compreso) ha capito il significato ultimo di quello scritto. Ovvero si evince un paterno richiamo ad una maggiore duttilità e pacatezza(che forse non sono le doti principali di Pino Maddaloni)ma fuori da questo non si chiarisce la posizione di Enzo De Denaro né rispetto alla vicenda singola né rispetto all’operato dell’ultimo periodo della Federazione, che mi sembra anche nella lettera descritto come abbastanza confuso e poco programmato.
Io spero sempre (ma non credo) che questo sia il sassolino che rotolando provochi la valanga e porti ad un forte cambiamento e rinnovamento in seno ai vertici del ns. sport.
Per favore PANACEA non ti scusare della forma anonima ma prendi coraggio (e se sei un judoka sicuramente non Ti manca) e metti il Tuo NOME in calce alle tue IDEE,che la STASI e il KGB non esistono più.
Cordialmente Marco Bottinelli
I riferimenti, oggi ai Campionati Mondiali di ASTANA o ieri, agli Europei Di BACU o alle altre manifestazioni di prestigio, in programma per il futuro, dove i nostri, Bravissimi atleti, sono e saranno impegnati, non devono fuorviarci dall’attenzione del vero problema che frena la dinamicità di questa Federazione.
Sarebbe riduttivo e miope, pensare che 1 medaglia o 10 medaglie possano cancellare, o azzerare i grandissimi limiti che, sino ad oggi, hanno, immiserito ed annullato il grande SPORT del JUDO costringendolo a convivere, SENZA AUTONOMIA con la LOTTA ed il KARATE in una Federazione ( meglio dire CONFEDERAZIONE ) che ha da sempre utilizzato il nostro potenziale, i nostri risultati e la nostra disciplina per soddisfare le ambizioni personali di turno.
Una CONFEDERAZIONE dove i risultati ottenuti, faticosamente. dagli atleti di JUDO vengono strumentalizzati, all’interno della FIJLKAM e all’esterno verso il CONI per arginare i fallimenti di una classe dirigente che non ha saputo portare il nostro SPORT tra i grandi, ed averlo lasciato etichettato , da sempre, tra gli SPORT MINORI. ( vedi articolo, su LA STAMPA dell’..11Agosto 2015. a firma FLAVIA AMABILE ,(che ringrazio ) , che ha voluto fare un omaggio ed esaltare le grandi imprese Judoistiche dei giovani fratelli ESPOSITO
Una classe dirigente, che ancora OGGI si esprime nascondendosi dietro la propria nicchia di potere che avvolge il JUDO , coltivando il proprio orticello che si materializza nelle varie sfumature, dagli incarichi internazionali ai KATA, MGA,JU-JUTSU,AIKIDO e quant’altro disinteressandosi del RINNOVAMENTO dello STATUTO che la base chiede a gran voce e d i un NUOVO FUTURO programmatico del nostro JUDO che va oltre l’appuntamento DELLE PROSSIME OLIMPIADI DI RIO.
Cosa ne facciamo di una classe dirigente, che non ha saputo, in tutti questi anni dare al JUDO la dignità di Federazione che merita.?
E non sto’ facendo dell’utopia
Desidero ricordare il Settore PESI della FILPJ che si è staccato ed è diventato Federazione a sé stante ed il settore TAEKWONDO della FIKTA ( Federazione allora a noi aderente ) diventato anch’esso Federazione autonoma.
Se è vero, come ci hanno sempre fatto credere che, il JUDO disciplina OLIMPICA non può diventare una federazione, perché il CONI non lo permette, come mai in due occasioni, con i PESI ed il TAEKWONDO il CONI ha acconsentito che diventassero NUOVE FEDERAZIONI indipendenti?
Questo dimostra, che quando esiste la volontà di portare a termine un progetto, anche nella nostra Federazione è possibile farlo, BASTA VOLERLO.
Allora la Federazione raggiunse questi due obiettivi: staccare i PESI ed il TAEKWONDO dal suo dominio.
Oggi ci viene da chiedere, cosa ebbe in cambio la Federazione nel guidare queste scissioni?
Quali sono stati gli interessi politici Federali in queste operazioni?
Non lo sapremo mai.
Una cosa pero’ è emersa da tutto questo trasformismo FIAP FILPJ FILPJK FIJLKAM ( FIK, FITAK ) alla quale abbiamo assistito in questi 33 anni, ed è quella di aver subito uno strapotere di una gestione totalitaria fatta di connivenze clientelari che dovremo NECESSARIAMENTE CHIUDERE NEL PASSATO.
Oggi dobbiamo far capire agli attuali dirigenti che non possiamo più tollerare, di guardare, UN FILM visto e rivisto per oltre 30 anni dove LORO sono diventati delle semplici comparse.
Il copione, di questo FILM va assolutamente cambiato e la loro inesistente interpretazione non può reggersi nel voler scimmiottare le gesta del primo attore che non c’è più
Porcari Giuseppe